
Questa preghiera è un ringraziamento a Camille Claudel, che paradossalmente essendo francese ho conosciuto sul tardi. Secondo la legenda, avrebbe buttato di rabbia un piede di marmo nella Seine, tesoro non ancora rivenuto e che fa sognare. Il riferimento non si ferma al gioco di parole sul piede e percorso o passo avanti, ma proprio al fatto che abbiamo quasi la stessa età in cui il suo percorso si è fermato per forza in manicomio quando il mio è iniziato in accademia.
Quando si pensa che è morta quasi trent’anni dopo, in condizioni orrendi di fame sotto guerra, vorrei immaginare cosa avrebbe fatto successivamente se fosse stata in buona salute, quanta bellezza avrebbe potuto ancora produrre, quanta « maestria » avrebbe raggiunto.
Il mio professore Very, a chi avevo racontato la gioia di sperimentare la tecnica del marmo a scuola, mi aveva risposto una bellissima lettera nella quale raccontava come un bambino avesse chiesto con innocenza alla Claudel » come sapevi che ci fossero quelle persone dentro al sasso? » . Tutto l’arte in una semplice domanda…
La compassione non è sola a nutrire l’ammirazione, ma perché è stata una donna della sua epoca, ribella appassionata come lo dobbiamo essere tutte per avere fede in noi stesse, in un tempo corto è vissuta come un astro fulgente bruciandosi per illuminarci.
Molto più umilmente, il mio piede di marmo occupa uno spazio concettuale circoscritto tra l’opera d’arte accessibile a tutti e l’Anatomia artistica in ciò che ha di molto intimo. Spesso, sorprendo qualcuno che lo accarezza, e, secondo il mio spirito del momento e quanto mi è simpatica la persona, o mi arrabbio di questa familiarità inaspettata, oppure ne rido e penso : « stai accarezzando amorevolmente il mio piede » …



ready made con un gesso che riferisce al materasso che fece il Bernini per l’Ermafrodito oggi al Louvre





